Articolo tratto da : www.disabiliabili.net

 

Le tecniche di arteterapia pittorica sono applicabili a pazienti con forme di disabilità di livello media o grave, con il coinvolgimento della funzionalità psichica e fisica? E con quali obiettivi terapeutici?

I centri che si occupano di riabilitazione ed educazione di persone con patologie invalidanti sul piano psichico e motorio sono una realtà molto consolidata in Italia. A tali centri si accede generalmente dopo un percorso scolastico che ha portato all’acquisizione, durante l’età evolutiva, di diverse abilità di base. L’obiettivo generale che i centri diurni (CEOD) si prefiggono è quello di accogliere la persona con disabilità, conoscere e monitorare il quadro di abilità funzionale ed indirizzarla verso un progetto di vita personalizzato che includa il raggiungimento del massimo benessere e della massima autonomia compatibile con la situazione clinica.

L’arteterapia si inserisce in questo contesto come un’attività autonoma, ma armonizzata all’insieme delle attività e degli obiettivi a livello del gruppo e delle singole persone accolte. Una definizione di obiettivi dovrebbe dunque tenere conto di entrambi i livelli, ed è esperienza comune di chi opera nei CEOD che la richiesta dell’equipe di lavoro è di questo tipo.
Propongo dunque in questo articolo una mappatura generale degli obiettivi che ogni arteterapeuta dovrebbe avere presente quando conduce atelier di arteterapia con persone accolte nei CEOD, con l’avvertenza di considerare questa proposta come un minimo comun denominatore, necessario a garantire un intervento qualitativamente sufficiente ma non esaustivo di tutti gli obiettivi perseguibili o raggiungibili con l’Arteterapia.

Le forme della disabilità e i modelli di intervento

La personale esperienza di lavoro mi ha portato spesso a svolgere presentazioni preliminari alle equipe o ai dirigenti di centri riabilitativi ed educativi per disabili, in cui naturalmente presentavo opere prodotte in atelier già attivi; non è stato infrequente sentirmi rivolgere dubbiose domande relative alla possibilità che “anche i nostri utenti possano fare queste cose, perchè sono molto gravi”. La risposta che invariabilmente mi sento di dare è che le attività di arteterapia sono adatte per qualunque persona, indipendentemente dal grado di compromissione cognitiva e funzionale, e che ho imparato a diffidare dei giudizi affrettati rispetto alle possibilità di beneficio e di evoluzione di una persona prima della sua partecipazione continuativa ad almeno 10-20 sessioni di arteterapia.

Il concetto di disabilità, e le relative diagnosi funzionali, sono oggi processi di natura sociale, ben lontane dalle forme di definitivo etichettamento mediante valutazioni con presunzione di oggettività, come avveniva in passato. L’OMS ha proposto un modello a tre livelli, ben descritto nelle procedure dell’ICF:

- la menomazione, o danno organico;
- il deficit, che rappresenta l’effetto in termini di limitazione funzionale fisiologica della menomazione;
- l’handicap, concetto di natura socio-funzionale che definisce la limitazione in termini di riduzione della partecipazione sociale in relazione al deficit.

Un modello di questo tipo implica necessariamente una valutazione individualizzata della persona con menomazione, per il diverso effetto che può produrre sulla funzionalità psicofisica e sulla partecipazione sociale. Pare necessario che ogni intervento, ivi compresa l’arteterapia, sia pianificato di conseguenza su base individuale, per rispondere alla specifica configurazione dell’handicap; se il quadro valutativo iniziale è così individuale e vario da non essere inscrivibile in classi diagnostiche, altrettanto variabili e individuali dovranno essere considerati i risultati attesi.
L’esperienza che ho condiviso con e persone che hanno partecipato agli atelier di arteterapia che ho condotto in questi anni mi permette di affermare che quasi nulla dei risultati attesi si trasformano in risultati ottenuti, nel bene o nel male. Questo quid di imprevedibilità è esattamente corrispondente al grado di libertà espressiva e creativa che l’arteterapeuta si permette di offrire alle persone che partecipano all’arteterapia; e il grado di imprevedibilità del risultato corrisponde spesso ad un grado inatteso di miglioramento dell’attività cognitiva, motoria, grafomotoria, costruttiva.
Alcune persone stupiscono e si stupiscono per quanto si scopre durante i gruppi di arteterapia: il merito va alle potenzialità nascoste delle persone, alle loro parti sane che sono spesso più attive di quanto appaia. All’arteterapeuta il compito, etico e professionale, di favorirne l’emergere.

Disfunzioni motorie

Le disfunzioni motorie sono frequenti cause di handicap, di livello anche molto grave, spesso associate a ritardo mentale. Il danno organico al SNC prodotto da traumatismi meccanici, infezioni in gravidanza e in prossimità del parto, cause genetiche o metaboliche, può determinare esiti funzionali di vario tipo.
Qualora il danno coinvolga in modo diffuso diverse zone cerebrali, come avviene in patologie metaboliche e genetiche, il pattern funzionale comprenderà una combinazione di problemi motori, sensoriali, percettivi e cognitivi. In presenza di danno focale, la disfunzione presenterà caratteristiche specifiche: ad esempio, nel classico danno da parto con forcipe, la paralisi cerebrale sarà di tipo motorio-sensoriale, con limitato effetto sulla cognizione e sulla percezione.
La prima considerazione da fare per valutare l’intervento di arteterapia nei casi di disfunzionalità motoria, è che un problema motorio non è necessariamente segno di una disfunzione ideativa o percettiva, e quindi l’intervento potrebbe avere come obiettivo principale l’evoluzione delle capacità grafomotorie specificamente coinvolte nella produzione grafica, basandosi sulla motivazione creativa e sul processo, intatto, di ideazione mentale dell’opera, di percezione e di regolazione della composizione.
L’arteterapia, quando il deficit è di tipo motorio, avrà come obiettivo principale la riduzione dell’handicap legato alla difficoltà a compiere materialmente i movimenti necessari per creare un’opera che la persona è in grado di concepire, osservare e giudicare. Le tecniche possibili sono svariate (Denner e Malavasi, 2002), ma in tutti i casi l’obiettivo è di far gradualmente acquisire un controllo volontario della grafomotricità, espressamente finalizzato alla produzione di opere pittoriche.
Il risultato atteso dall’intervento di arteterapia, in una situazione ipotetica in cui la motivazione creativa e la funzione di ideazione dell’opera siano intatte ma vi sia deficit motorio, è di educare il paziente ai movimenti necessari per produrre materialmente il disegno, permettendogli di esprimere ciò che ha già autonomamente concepito. Saranno visibili dei miglioramenti nell’aumento dell’estensione dei tratti continui e nel maggior controllo sui materiali di utilizzo (Denner, Malavasi; 2002).
Una persona con un danno motorio, ma senza danno cognitivo, potrà comprendere pienamente il valore dei propri progressi, traendo dall’arteterapia il risultato terapeutico di un ampliamento del senso di capacità, competenza, partecipazione al mondo sociale attraverso il medium delle sue opere (qualora le voglia mostrare ad altri…).
A questo si deve aggiungere che l’abitudine al controllo della motricità generale e fine, che inevitabilmente e quasi inconsapevolmente si acquisisce nell’esercizio dell’arte grafica attraverso gli aggiustamenti posturali e i movimenti direttamente pittorici, è spesso il preludio ad una generalizzazione del controllo motorio ad altri ambiti di vita quotidiana. Il vantaggio rispetto ad altre tecniche di riabilitazione motoria risiede nel fatto che l’arteterapia permette di apprendere movimenti in modo più stabile ed efficace, perchè l’esercizio riabilitativo non è una collezione ripetitiva di singoli movimenti senza reale finalità, ma l’impiego naturale della motricità in vista di un obiettivo (il disegno o il dipinto) attuata attraverso un piacere (il disegnare o il dipingere).

Ritardo mentale

Il ritardo cognitivo, di qualunque livello di gravità, implica un coinvolgimento di diverse funzioni psichiche. A differenza del deficit motorio puro, in cui la motivazione creativa e la funzione di ideazione dell’opera sono conservate, nel ritardo mentale è possibile anche un coinvolgimento della creatività, che pur essendo relativamente autonoma rispetto all’intelligenza e alle sue diverse componenti, risente necessariamente dei correlati cognitivi e comportamentali del ritardo mentale (forme di rigidità e perseverazione, difficoltà nell’attenzione protratta, limiti nella capacità di elaborare programmi ideativi complessi, tratti di insicurezza personale).
È tuttavia dimostrato dal successo dei programmi riabilitativi individualizzati per l’apprendimento di comportamenti in contesto naturale, che tali limiti non sono rigidamente determinati, ma possono essere in una certa misura superati; la base anatomo-fisiologica di questa possibilità evolutiva è la plasticità del SNC, che pur in presenza di danni organici anche rilevanti, è in grado di riorganizzarsi per sviluppare specifiche funzionalità, se l’ambiente produce stimoli adeguati.
L’obiettivo di un intervento di arteterapia dovrebbe essere quello di sfruttare tale plasticità per sviluppare quanto più possibile la motivazione creativa e la capacità espressiva, focalizzando la tecnica non più all’educazione grafomotoria, ma all’aumento delle capacità di ideare un’immagine, di comporre mentalmente la trasposizione grafica dell’immagine, e infine di realizzare l’opera, regolando le operazioni grafiche necessarie alla realizzazione e il giudizio rispetto al suo compimento.
La tecniche impiegate privilegiano un lavoro sul concepimento mentale dell’opera e sulla programmazione delle operazioni necessarie alla trasposizione grafica, con un percorso graduale da materiali di semplice utilizzo (pennarelli) a materiali lievemente più complessi, ma dal risultato estetico più soddisfacente (pastelli a cera e a olio), fino ai materiali sciolti (tempere, olio e acquarello), che rappresentano però una tappa che anche la maggioranza degli adulti senza ritardo mentale non raggiunge.
Nelle prime fasi, il terapeuta potrà intervenire attivamente per favorire il contatto percettivo con l’ambiente e sviluppare l’osservazione di oggetti. In questo modo, sarà possibile esercitare la funzione di trasposizione grafica dell’immagine mentale. Al contempo, si potrà intervenire per stimolare alla sperimentazione di diversi materiali, per evitare che il paziente perseveri rigidamente nell’uso di materiali semplici; in questo, è bene tenere presente l’aspetto ludico dell’arteterapia.
In fasi successive, quando la persona abbia esercitato a sufficienza le proprie capacità di rappresentare graficamente l’immagine mentale, sarà possibile stimolare direttamente la motivazione creativa, liberando la consegna da ogni indicazione tematica oppure stimolando a produrre diverse interpretazioni grafiche di un tema o di un oggetto.
Naturalmente, quando parliamo di sviluppo delle capacità di trasposizione grafica e di stimolo della motivazione creativa, intendiamo in relazione alle potenzialità del paziente, che non vanno certamente sottovalutate (limitandosi ad esercizi semplicistici di copia di oggetti o figure, di realizzazione di disegni con tematica predefinita dal conduttore, o addirittura a disegni prestampati da colorare), ma non devono nemmeno creare aspettative irrealistiche circa le possibilità di sviluppo delle capacità pittoriche.
Il giudizio dell’arteterapeuta rispetto alle abilità grafiche individuali diviene rilevante per stabilire in che modo procedere; per questo, sono necessarie competenze cliniche specialistiche, relative al tipo di patologia di cui è affetta la persona, e competenze e capacità artistiche non improvvisate, che permettano una valutazione del livello raggiunto dal paziente attraverso il confronto con diverse opere d’arte e con il proprio percorso artistico.
In linea generale, l’ampliamento spontaneo dei soggetti raffigurati nelle opere, una maggiore disinvoltura nell’uso delle diverse tecniche e dei materiali, una produzione che privilegi una minore dipendenza dalle caratteristiche reali degli oggetti (reinterpretazione), sono indici che l’intervento di arteterapia sta funzionando efficacemente. L’arteterapeuta interverrà quindi attivamente per favorire tali finalità.

Disturbi psichiatrici

Il capitolo dei disturbi psichiatrici, per le implicazioni anche psicoterapeutiche e di diagnosi psicopatologica, merita una trattazione specifica da sviluppare in scritti dedicati. Accenno qui brevemente alle implicazioni che derivano dalla presenza di disturbi psichiatrici in una situazione di disabilità.
In primo luogo, durante l’attività di arteterapia potranno emergere quelle tipiche manifestazioni grafiche delle forme psicopatologiche, osservate in modo sistematico e presentate i diversi contributi, di cui in Andreoli (1979) è possibile trovare una rassegna sistematica.
Antropomorfismi, perseverazioni, oggetti bizzarri, scomposizioni e altri fenomeni grafici tipici possono rivelare la presenza di processi psicopatologici in atto. L’arteterapia assolverà in questo caso una funzione diagnostica e di monitoraggio dello stato psichico del paziente.
Ancora una volta, soprattutto in relazione a situazioni cliniche complesse, in cui un quadro disfunzionale in ambito motorio e cognitivo si accompagna a sintomatologia psicotica, è importante porre l’accento sulla specificità individuale dell’intervento di arteterapia, i cui obiettivi saranno determinati necessariamente dall’importanza della singola problematica nell’economia generale del funzionamento della persona, e dai margini di miglioramento.
L’intervento di arteterapia potrà quindi avere finalità di carattere psicoterapeutico qualora il quadro psicopatologico rappresenti l’aspetto più rilevante del problema, ad esempio per le sue conseguenze comportamentali o affettive. Tale aspetto potrà invece essere del tutto tralasciato, in favore di un approccio finalizzato all’acquisizione di abilità grafomotorie o alla stimolazione di funzioni psichiche e creative, qualora la situazione suggerisca di evitare un’azione diretta sui nuclei psicopatologici.
In ogni caso, anche in presenza di sintomi psicotici vale la regola generale per cui l’arteterapia può costituire un’importante risorsa terapeutica, sia per riattivare le parti più sane e creative della persona che per accedere ai contenuti del mondo interno, specie quando questo non sia possibile a causa di deficit che producono un uso limitato, stereotipato o coartato del linguaggio verbale.

Conclusioni

Posso riassumere gli obiettivi dell’intervento di arteterapia nelle situazioni di disabilità in alcune grandi aree funzionali:

Benefici generali e aspecifici: senso di rilassamento, soddisfazione per l’opera prodotta, aumento dell’autostima e della partecipazione sociale attraverso lo sviluppo di capacità artistiche, effetto catartico e calmante dell’espressione emotiva, sono gli effetti e le finalità generali di un intervento di arteterapia.

Grafomotricità: il miglioramento del controllo grafomotorio attraverso un’attività di produzione pittorica è la finalità e l’effetto dell’intervento di arteterapia in soggetti con patologia motoria. L’arteterapia, a differenza di esercizi riabilitativi e fisioterapici, è un’attività dalle caratteristiche complesse, che coinvolge in modo coordinato diversi distretti muscolari, in un contesto gradevole, ludico e accogliente. Il superamento graduale dei propri limiti fisici avviene in modo quasi spontaneo, perché l’attenzione è orientata alla produzione grafica e i movimenti necessari sono una conseguenza, e non il fine dell’attività.

Funzioni cognitive: l’atto di produzione grafica, coinvolgendo le funzioni percettive, attentive, cognitive e il giudizio estetico globale, costituisce un esercizio complesso che stimola la persona a sviluppare un comportamento coordinato, frutto dell’integrazione di tutte le funzioni psichiche. Difficoltà in una o più di queste funzioni sono affrontate all’interno del processo più generale della produzione grafica, beneficiando di una sorta di “effetto trascinamento” da parte delle attitudini più sviluppate.

Creatività ed espressione: sono le funzioni fondamentali a cui l’intervento di arteterapia si rivolge. Si tratta di funzioni conservate a qualunque livello di patologia, che spesso risentono delle conseguenze secondarie di disfunzioni cognitive, di un senso di personale inadeguatezza, di un contesto familiare e sociale iperprotettivo o svalutante. Aiutare la persona a riscoprire le proprie potenzialità creative permette, da un lato, di ampliare il campo di azione personale, e dall’altro di scoprire un’attività ludica e soddisfacente sul piano del benessere personale.

Riduzione del grado di handicap attraverso l’aumento del grado di partecipazione sociale: La possibilità di partecipare al mondo sociale è il cardine del concetto di handicap. In questo senso, attività che permettano di ampliare le possibilità di partecipazione mediante lo sviluppo di competenze ed attività adatte a ricoprire in modo più efficace nuovi ruoli, sono in grado di ridurre il livello di handicap.

L’attività artistica, sviluppata come conseguenza e come effetto collaterale di un’attività di arteterapia, permette a molte persone con handicap di raggiungere un livello partecipativo paritario e in certi casi superiore a molti adulti sani, nel campo specifico della pittura. “Il pittore matto” di Andreoli non è che l’esempio più famoso dei tanti “pittori matti” che cessano di essere matti proprio in virtù del loro diventare pittori, grazie all’incontro con operatori che li hanno saputi riconoscere.